"Le mie idee, uno schermo e una tastiera sono per me come i capelli di Sansone. Privatemene e diventerò indifeso".

Odiare l'Islam è vietato. Possiamo almeno provarne repulsione?

, by Yoga



Sono qui per utilizzare questo spazio, sfruttarlo fino a questo punto, ma soprattutto perché si vive una volta sola ed è bene togliersi i sassolini dalle scarpe ed ogni parola di bocca. E di parole, io, non ne ho più.
Potrei citare numerosi autori autorevoli tipo Oriana Fallaci o Magdi Cristiano Allam, ma spersonalizzerei questo scritto e lo renderei una lezioncina per gli altri, lunga e controproducente. Parlare qui di Corano, Maometto, Allah o delle settantadue vergini risulterebbe lezioso e alla fine noioso. Gli autori sopracitati hanno saputo e sanno farlo certamente meglio di me.
Il mio è un grido liberatorio, perché è di aria fresca e libertà che ho bisogno. Condizioni queste decisamente mancanti al giorno d’oggi, sempre e comunque quando trattiamo di Islam, con la dittatura invisibile del politicamente corretto che imbavaglia e sanziona.
Il Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti lombardo ha sanzionato Filippo Facci per un articolo in cui egli ammetteva di odiare l’Islam e gli islamici, in un contesto ove tutto è consentito dire nei confronti di chiunque altro; in un contesto in cui Benedetto XVI venne appeso a testa in giù in Piazzale Loreto per aver detto a Ratisbona durante la lectio magistralis, in soldoni, che l’Islam deve fare i conti con la modernità; in un contesto in cui, all’indomani dell’attentato islamico al Bataclan, vennero crocifissi i colleghi di Libero per il titolo sull’accaduto “Bastardi islamici”.
In un contesto ove la dittatura dell’islamicamente corretto, che è una perversa versione del precedente politicamente corretto, è ormai egemone, fino a teorizzare la creazione del reato di islamofobia, per il quale non si può criticare la cultura islamica, sebbene tale critica provenga da un sentimento di paura, neanche di odio.
Il Partito Anti Islamizzazione, da me intervistato giorni or sono, dà la possibilità di trasformare in voto utile il timore che la cultura islamica fagociti la nostra liberale e cristiana. Questo blog, invece, mi concede di dare sfogo a ciò che non potrà trovare soddisfazione da una croce posta su di un foglio. E ciò che provo, oltre alla paura, è rabbia.
Rabbia contro me stesso e contro chi occupa impunemente il mio marciapiede per pregare. Mi odio perché, mentre scrivo, già penso alle possibili conseguenze di tutto questo, evidentemente negative, con la sola conseguenza di sentirmi indifeso considerando inopportuna questa critica feroce. Ecco la paura. Ma al contempo odio chi ha portato tutto questo a casa mia, rendendo impossibile la libera espressione del libero pensiero, in un crescendo di sevizie morali, talvolta pure fisiche, per chi osi criticare, se non addirittura aver paura.
Non possiamo odiare l’Islam, questo ci dicono, ma non possiamo neanche temerlo, costretti quindi a chinare la testa montando una demente espressione di falso compiacimento. La massima espressione di ribellione è sputare in faccia a questo Grande Fratello che controlla, che tutela l’islamizzazione e tutta la sua carica esplosiva.
Gli sputo in faccia affermando che provo repulsione per tutto ciò che l’Islam concerne, per le moschee in cui si prega un “libretto militare” (citazione presa da Facci), per le donne ingabbiate e annichilite, per gli omosessuali sanzionati e impiccati, per gli Imam che in un italiano orribile ci spiegano che stanno facendo il nostro bene, per i loro capi politici che creano partiti islamici, per le loro barbe senza baffi e le loro tuniche bianche, per i moderati che ci leccano il culo ma che voteranno per la sharia, per la loro indecente permalosità, per le fatwe, gli ayatollah, le lapidazioni e per il loro assurdo bigottismo e moralismo da quattro soldi.
Chissenefrega se questa non è un’analisi approfondita: non voglio analizzare, voglio rendere pan per focaccia a chi senza remora alcuna bastona la mia civiltà e la mia intelligenza.
L’Italia farà presto la fine dell’Inghilterra e del Belgio, paese quest’ultimo dove il nome più in voga tra i nascituri è Mohammed (è scritto bene? Chissenefrega), dove un uno psicopatico capeggia un partito che si chiama Sharia4Belgium e dove nessuno ancora si è preso l’incombenza di prenderlo a calci.
Farà la fine della Svezia, dove a Stoccolma, in certi quartieri a prevalenza islamica, girano degli uomini barbuti in sottana, e andando di bar in bar controllano che nessuna donna islamica esca senza il suo uomo. E dove, credetemi, i giornalisti vengono presi a pedate se osano accendere una telecamera nel loro territorio, in quello spicchio d’Europa che loro hanno conquistato pacificamente.
A Londra, dove i miei coetanei mentecatti credono di potersi trasferire trovando l’eldorado, vaga un tizio di nome Anjem Choudary, che di professione fa l’Imam (e stigrancazzi!), il quale afferma che i vignettisti di Charlie Hebdo se la sono cercata, che la democrazia è una minchiata e che l’Islam sta conquistando l’Occidente anche grazie ai così detti moderati che, in realtà, sognano la Umma islamica. E nessuno, anche in questo caso, si è preso la briga di dargli il fatto suo.
Provo repulsione per i collaborazionisti di casa mia, per i preti che mentre diciamo il Pater Nostrum vorrebbero che i figli di Allah pregassero in ginocchio, per il politucolo che sogna lo ius soli svendendo così l’italianità alle frotte di islamici che ci invadono ogni santo giorno, per chi avalla le richieste dei fratelli islamici per quanto riguarda la mensa, la mortadella da eliminare, il crocifisso da nascondere e la recita natalizia da evitare, così da guadagnarsi la medaglia che le milizie del politicamente corretto concedono a questi pusillanimi.
Al plotone d’esecuzione imbastito da Formigli durante una puntata della sua Piazza Pulita, composto da giovanotte islamiche bardate col velo che puntavano il dito contro uno sconvolto Mario Giordano lì per fare le veci del quotidiano Libero, reo d’aver portato sulla prima pagina il sopracitato titolo “Bastardi islamici”, avrei detto di liberarsi il capo da quel groviglio di stoffa e parlare senza nascondersi dietro quel militaresco abbigliamento: mentre la terra d’Europa, di Francia, di casa mia e non loro, è zuppa del sangue di innocenti trucidati da terroristi islamici, non ti permetto di mettermi sotto accusa, soprattutto se con quel tono e agghindata in quel modo.
Sono migliore di tutti voi: non mi nascondo dietro il mio Allah, dietro le mie sure: sto scrivendo, sto dicendo tutto ciò solo e soltanto per mia volontà, senza esser sospinto di chissà quale presenza ultraterrena ingombrante e fin troppo dannosa. Nessun versetto, nessun capitolo, nessuna scemenza simile mi induce a tutto ciò: la responsabilità è mia.
Accaparrare diritti, soprattutto nel modo con cui lo fate voi, è roba da servi. Fare il proprio dovere, invece, è roba da uomini. E questo è (anche) il mio dovere.
E questo è (anche) giornalismo!


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