Il terrorismo islamico colpisce ancora. Siamo almeno liberi di odiarli?
A distanza di poco tempo siamo di nuovo nella stessa situazione di rabbia e terrore, col sangue che scorre sulle nostre strade e bagna la nostra coscienza, o quantomeno quella di alcuni di noi. Il tema è ridondante, dunque lo sono anche le nostre analisi che finisco per divenire anche banali, stucchevoli, inutili poiché, raccontano i fatti, niente cambia e tutto si ripropone. Insomma, il terrorismo islamico ha colpito ancora il cuore dell'Europa, e quest'ultima ha il volto degli inermi bambini di Manchester, indifesi e candidi, facili prede.
Ma se, anziché esibirci nuovamente nelle solite analisi ormai note e intrise di verità storica (come la scarsa considerazione che l'Islam ha per i bambini, ciò dovuto a versetti coranici e alla vita di Maometto stesso), gridassimo senza remore la nostra contrarietà al multiculturalismo militante che ha creato queste tragedie? Forse potremmo ottenere più successo, o quantomeno una maggior soddisfazione, liberando l'angoscia e la rabbia che ci pugnalano quotidianamente.
Devo obbligatoriamente iniziare io, e sarò breve.
Prendo spunto da uno articolo-sfogo di Filippo Facci datato fine luglio 2016, e lo dico: odio l'Islam! A scanso di equivoci, ciò non comprende la popolazione islamica, le persone fisiche, verso le quali invece nutro un sentimento di ammirazione e curiosità. Mi spiego: vorrei avere le giuste motivazioni, simili alle loro, per prendere armi e bagagli recandomi in Siria o Iraq per prendere a pedat i barbuti che devastano, uccidono combattendo sotto la bandiera dello Stato Islamico. Per vari motivi, tra cui una secolarizzazione che non so quanto alla fine possa portarci benefici, nessuno di noi ha voglia di farlo. Il nostro odio nei loro confronti è, tuttosommato, tiepido. La curiosità, invece, è dovuta al comportamento per me assurdo consistente nel vivere con l'unico scopo di annichilire e sottomettere. Con l'imam londinese Anjem Choudary vorrei chiacchierare approfonditamente per capire le sue motivazioni, stringergli la mano, dopodiché prenderlo a calci nei denti. E qui torna a galla l'odio non per il soggetto persona fisica, bensì per ciò che egli rappresenta. Prenderei a pedate l'islamista che è in lui.
E l'Islam, per quanto mi riguarda e nonostante le banali dichiarazioni di chicchessia, rappresenta la sottomissione non voluta, imposta, demograficamente o con la violenza. L'Islam rappresenta ciò che noi combattiamo ogni giorno, debellando malattie e andando sulla Luna: l'anti-progresso. L'Islam è una religione che in 1400 anni ha saputo creare solo altra religione, nient'altro che religione, imponendo ai propri fedeli una vita durissima, governati da teocrazie ottuse che non guardano il resto del mondo. L'Islam, per ciò che racconta la storia, significa guerra, significa dolore, significa sangue, significa scontro di civilità. L'Islam è le statue magnifiche, ma coperte, dei Musei Capitolini a Roma, mentre nella Repubblica Islamica dell'Iran vengono appesi per il collo gli omosessuali. L'Islam è i nostri marciapiedi occupati dai fedeli in preghiera, gesto inconcepibile di sfida, con disprezzo per chi ha accettato di accoglierti e di aiutarti. L'Islam è il presepe scomparso e il crocifisso nascosto, ovvero la cancellazione della diversità culturale. L'Islam è il corpo della donna coperto, picchiato, sottomesso in virtù di regole contenute in un libretto militare chiamato Corano. L'Islam è le statue magnifiche prese a martellate o fatte saltare in aria dai barbuti miliziani dell'Isis. L'Islam è l'imam che ai bambini consigliava di non ascoltare Mozart e Beethoven, pena essere trasformati in maiali.
L'Islam, dunque, è esattamente il contrario di ciò che siamo noi, e di ciò che noi amiamo. Se la nostra fine è segnata, almeno lasciatemi la libertà di odiarli.
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