Il mio pensiero profondo.
Alle Focette si respira anche quest'anno un'aria magica, ma non dovrei sorprendermi di questo, dovrei essere più fiducioso su tutto ciò che mi circonda.
Il Panoramic è sempre imponente e storico, difatti quando ho detto ad Arianna che ho la tenda lì lei ha assunto un'espressione compiaciuta, come se quella fosse stata la prova che l'essenza della Versilia è in me veramente.
La crisi morde ma accanto alla mia tenda, la tenda numero due, ci sono sempre le solite facce, facce ormai familiari ma alle quali ci si rivolge con il "lei". So che loro sanno, che hanno quel posto nel cuore come ce l'ho ormai io, e dico ormai perché è anche una maledizione oltre che una benedizione. Ogni anno, inesorabilmente, lì ci lascio un pezzo della mia anima. Lo scorso anno una metà del mio cuore, che di questi tempi ho ritrovato là, nel letto di camera dei miei genitori dove dormivo con lei e in quella cucina rettangolare dove, seduto con la schiena al muro, la guardavo cucinare. A Pietrasanta, dove passeggiavamo abbracciati incrociando gli sguardi di tutti coloro che, come me e lei, sentivano una morsa allo stomaco guardando e riguardando tutta quella meraviglia che anno dopo anno ti divora anima e corpo diventando come una droga. Nel piccolo parcheggio in via Oberdan dove si affaccia anche la finestra della cucina del suo appartamento, quel parcheggio dove sostavo in estate e in inverno, da dove guardavo le vecchie mura di Pietrasanta e da dove salutavo sua mamma che si sporgeva dalla finestra mandandomi un bacio. La passeggiata lunga venti chilometri o poco meno, ma per me rimangono sempre venti, e la passione che ti accompagna per tutta questa strada dritta piena di gonne svolazzanti d'estate e di malinconia d'inverno.
L'ho persa, e con lei la serenità, non di certo la felicità. Claudia è la mia medicina, e spero non me ne voglia per questo.
Ho visto due giorni fa, mentre ero sulla spiaggia verso le sei di pomeriggio, un nipote grandicello mettere le scarpe a suo nonno ormai troppo anziano per rendersi completamente indipendente. Questo ragazzo, ormai uomo e padre, lo conosco da una vita, da quando sono nato, e l'ho visto diventare padre di famiglia come lui ha visto me crescere e diventare non so neanche io bene cosa, ma qualcosa sono sicuramente diventato.
Una famiglia riunita sotto la tenda sulla spiaggia, i soliti riti, gli anni che passano e ci rendono saggi e noiosi, i sorrisi e i saluti che ci scambiamo riparati dall'ombra che quella tela sopra le nostre teste ci offre, la tela bianca e blu, per sempre.
Ho visto un padre che conosco a malapena stringere in braccio la sua ultimogenita, una delicata bambina coi capelli alla spalla, la pelle abbronzata, con una bambola in mano. Un esserino dentro cui sta iniziando quel processo che in me dura da ventidue anni abbondanti, e che pure a lei farà questo effetto. Un padre che anni fa ha perso il suo primogenito, che non si sa come abbia fatto a reagire, ma ha deciso di rispondere colpo su colpo, contrapponendo al destino e alla morte la vita e l'amore.
Io ero sdraiato sul lettino sotto la mia tenda, ho chiuso il libro che stavo leggendo e ho trattenuto la lacrime, principalmente perché non mi va di condivederle con chi magari potrebbe non capirle.
Mi domando come si possa dare un senso alla nostra esistenza, evitando di renderla effimera e inutile.
Vorrei conoscere un libro da cui cogliere le risposte ma non esiste, allora penso che un senso unico per tutti non esista.
Riapro il libro che stavo leggendo e arrivo in breve all'ultima pagina.
Leggo fra le righe, fisso il testo senza leggerlo e intuisco qualcosa. Paloma, la mia protagonista preferita, ce lo ha sussurrato.
Ricercare il sempre nel mai.
Il Panoramic è sempre imponente e storico, difatti quando ho detto ad Arianna che ho la tenda lì lei ha assunto un'espressione compiaciuta, come se quella fosse stata la prova che l'essenza della Versilia è in me veramente.
La crisi morde ma accanto alla mia tenda, la tenda numero due, ci sono sempre le solite facce, facce ormai familiari ma alle quali ci si rivolge con il "lei". So che loro sanno, che hanno quel posto nel cuore come ce l'ho ormai io, e dico ormai perché è anche una maledizione oltre che una benedizione. Ogni anno, inesorabilmente, lì ci lascio un pezzo della mia anima. Lo scorso anno una metà del mio cuore, che di questi tempi ho ritrovato là, nel letto di camera dei miei genitori dove dormivo con lei e in quella cucina rettangolare dove, seduto con la schiena al muro, la guardavo cucinare. A Pietrasanta, dove passeggiavamo abbracciati incrociando gli sguardi di tutti coloro che, come me e lei, sentivano una morsa allo stomaco guardando e riguardando tutta quella meraviglia che anno dopo anno ti divora anima e corpo diventando come una droga. Nel piccolo parcheggio in via Oberdan dove si affaccia anche la finestra della cucina del suo appartamento, quel parcheggio dove sostavo in estate e in inverno, da dove guardavo le vecchie mura di Pietrasanta e da dove salutavo sua mamma che si sporgeva dalla finestra mandandomi un bacio. La passeggiata lunga venti chilometri o poco meno, ma per me rimangono sempre venti, e la passione che ti accompagna per tutta questa strada dritta piena di gonne svolazzanti d'estate e di malinconia d'inverno.
L'ho persa, e con lei la serenità, non di certo la felicità. Claudia è la mia medicina, e spero non me ne voglia per questo.
Ho visto due giorni fa, mentre ero sulla spiaggia verso le sei di pomeriggio, un nipote grandicello mettere le scarpe a suo nonno ormai troppo anziano per rendersi completamente indipendente. Questo ragazzo, ormai uomo e padre, lo conosco da una vita, da quando sono nato, e l'ho visto diventare padre di famiglia come lui ha visto me crescere e diventare non so neanche io bene cosa, ma qualcosa sono sicuramente diventato.
Una famiglia riunita sotto la tenda sulla spiaggia, i soliti riti, gli anni che passano e ci rendono saggi e noiosi, i sorrisi e i saluti che ci scambiamo riparati dall'ombra che quella tela sopra le nostre teste ci offre, la tela bianca e blu, per sempre.
Ho visto un padre che conosco a malapena stringere in braccio la sua ultimogenita, una delicata bambina coi capelli alla spalla, la pelle abbronzata, con una bambola in mano. Un esserino dentro cui sta iniziando quel processo che in me dura da ventidue anni abbondanti, e che pure a lei farà questo effetto. Un padre che anni fa ha perso il suo primogenito, che non si sa come abbia fatto a reagire, ma ha deciso di rispondere colpo su colpo, contrapponendo al destino e alla morte la vita e l'amore.
Io ero sdraiato sul lettino sotto la mia tenda, ho chiuso il libro che stavo leggendo e ho trattenuto la lacrime, principalmente perché non mi va di condivederle con chi magari potrebbe non capirle.
Mi domando come si possa dare un senso alla nostra esistenza, evitando di renderla effimera e inutile.
Vorrei conoscere un libro da cui cogliere le risposte ma non esiste, allora penso che un senso unico per tutti non esista.
Riapro il libro che stavo leggendo e arrivo in breve all'ultima pagina.
Leggo fra le righe, fisso il testo senza leggerlo e intuisco qualcosa. Paloma, la mia protagonista preferita, ce lo ha sussurrato.
Ricercare il sempre nel mai.
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