Venti chilometri di passione-Capitolo 16
Mi sono sempre trovato molto bene
coi genitori di Giulia, a differenza sua coi miei. Una serie di fraintendimenti
o eccessive spiegazioni mal date, o forse più semplicemente un forte senso di
protezione che mia madre ha sempre rivolto verso di me.
E devo dire la verità,
mi sarei aspettato un comportamento simile più dai genitori di Giulia,
principalmente da suo padre, che dai miei, nello specifico da mia madre.
Insomma, lei è figlia unica, è una femmina e quindi in una relazione
potenzialmente la parte più debole. È inoltre riconosciuta come persona molto
rara, sia per la sua intelligenza prettamente scolastica e sia per la sua
sensibilità di cui ho già parlato.
Tutto questo i suoi genitori lo sapevano e
lo sanno, e forse è anche per questo che le hanno sempre lasciato un grosso
margine di libertà, di discrezionalità nel prendere decisioni che si solito
competono anche ai genitori, oltre che al figlio. I suoi genitori la conoscono
bene, e sanno di potersi fidare delle sue scelte. Ha ovviamente un rapporto
molto stretto con la madre, che si chiama Piera, sia per degli ovvi interessi
in comune in quanto entrambe donne e sia perché credo proprio che la Piera fosse uguale a lei
quanto aveva la sua età.
Per un certo periodo della nostra
relazione ho avuto un rapporto abbastanza formale coi suoi genitori,
chiaramente solo telefonico, data la distanza. Ad esempio quando chiamavo a
casa sua la sera e rispondeva sua madre la chiamavo “signora”, le davo del lei
e credo che alla Piera andasse bene, quasi le piacesse.
I primi tempi lei mi
chiamava Lorenzo con la E chiusa, tipica lombarda, col tempo ha iniziato a
chiamarmi Lori con la O
adesso molto aperta.
Dalle brevissime chiacchierate che intrattenevo con lei
riuscii ad inquadrarla subito, ad inserirla in uno dei miei schemi mentali
diviso in scompartimenti ed entro i quali ficco le persone che conosco e che mi
suscitano un interesse particolare, che mi colpiscono particolarmente.
Mi ha
sempre impressionato il numero di parole che riusciva a far entrare in qualche
secondo e che, soprattutto, sapeva pronunciare correttamente, senza storpiarle
a causa della frenetica velocità con cui le uscivano di bocca.
“Pronto, salve sono Lorenzo.”
Iniziavo io.
“Ciao Lorenzo! Come va?”
Rispondeva lei.
“Io tutto bene grazie, e le…”
“Senti ma vuoi Giulia? Aspetta un
attimo che la chiamo e te la passo!” (intanto chiama Giulia che scende la scale
di casa).
“Eccola che arriva, te la passo.
Ciao Lorenzo, un bacio e buona serata!”
In pratica non riuscivo mai e
riproporle la domanda che lei mi aveva appena fatto, ovvero chiederle come
stesse. Sembrava avesse fame di informazioni, e a me piaceva questo fatto, ma
poi difficilmente rispondeva ai miei quesiti che, per cortesia o anche per
curiosità, le proponevo. Non aveva un tono pacato, piuttosto frettoloso ma mai
sgarbato.
Mi parlava in un modo che mi
impediva ad esempio di stare seduto o sdraiato sul letto nel mentre, anzi, mi
invogliava ad alzarmi e a camminare per la stanza oppure a prendere a calci la
pallina che tengo sotto la mia scrivania.
Dover essere educato e anche
interessante in pochissimo tempo e dover pure rispondere correttamente a delle
domande senza sparare cazzate, non è esattamente la cosa più semplice. Oddio,
suppongo che la Piera
non abbia mai pesato le mie parole grammo per grammo, ma sicuramente ha fatto
caso quando, almeno un paio di volte, ho usato per rispondere alla sua prima
domanda le parole che avrei dovuto usare per rispondere alla seconda, del tipo:
“Ciao Lorenzo come stai?”
“Oh salve. Si stamani sono stato
all’università per seguire diritto privato… ehm scusi, io sto bene e le…”
“Ti passo la Giulia. Ciao Lorenzo, in bocca
al lupo per gli esami, un bacio!”.
Poi Giulia prendeva il cordless,
rispondeva e si metteva a ridere perché probabilmente sua madre era riuscita a
spiegarle quel che avevo detto nei tre secondi per passarle la cornetta.
La Piera lavora con suo marito
Umberto, nell’azienda che lui ha ereditato dal padre e che sta mandando avanti.
Producono macchinari per produrre plastica, e ogni volta che do questa risposta
a chi mi chiede cosa loro facciano nella vita, mi tocca ripetermi due volte.
Pare gli vada bene l’attività e
pare che l’abbia saputa anche ingrandire.
Umberto è il classico figlio di
imprenditore cresciuto nella ditta del padre e che sapeva fin da subito che
avrebbe fatto quello nella vita, sia per la passione che il padre gli aveva
trasmesso e sia perché è obiettivamente sciocco abbandonare un’attività che
appassiona e che rende anche discreti guadagni. Anche se della loro condizione
economica mi sono sempre e categoricamente disinteressato, a parte far caso ad
oggetti o status simbol che, volente o nolente, avrei notato comunque.
La
Piera, laureata in lingue, da quel che ho capito intrattiene
i rapporti con colleghi o potenziali acquirenti all’estero, infatti spesso loro
due sono in viaggio, quando in Russia e quando in Argentina.
È una donna pragmatica, organizzata, svelta di
intelletto e spigliata nei modi di fare. Che sia così di natura o no, credo che
si porti delle abitudini lavorative anche fuori dall’ufficio, così se io e
Giulia abbiamo bisogno di sapere l’orario di uno spettacolo al cinema, lei tira
fuori il suo BlackBerry e ci risponde entro un minuto. Me l’ha sempre descritta
così Giulia e così l’ho sempre trovata io.
Riesce ad essere madre e donna
imprenditrice anche grazie alla figlia che sa soddisfare il novantanove per
cento dei propri bisogni da sé, senza interpellare la madre, men che mai il
padre. Giulia è sempre stata così anche da piccola, e infatti anche quando
dovemmo organizzare l’Interrail lei volle che lo facessimo da soli, abituata a
sbrigare le proprie faccende per conto proprio.
La loro famiglia, non parlo delle singole
persone, è esattamente come te la immagini.
Conobbi la Piera nell’estate del
duemiladodici, ad Agosto se non erro. Di lì a pochi giorni io e Giulia saremmo
partiti per Trieste e la Piera
volle incontrarmi di persona. Mi aspettavo una richiesta del genere e infatti
non mi impressionò per niente, anche perché, sia pur al telefono, ma avevo già
parlato diverse volte con lei.
La incontrai insieme a Giulia al
loro bagno, il bagno Giovanni. Giulia mi venne incontro nel parcheggio e mi
portò al loro ombrellone dove c’era la
Piera sola, senza il marito.
Si alzò e mi baciò con forza.
Se quei due baci me li avesse
dati più vicino alle orecchie credo che sarei rimasto sordo.
“Tu sei il famoso Lorenzo,
piacere!”
“Famoso non so, però si, sono io.
Molto lieto!”
Era alta quasi quanto me, magra,
molto abbronzata e coi capelli legati sulla nuca.
Ricordo le sue due collanine al collo e una
specie di braccialetto molto fine tenuto al polso destro che poi si prolungava
fino al suo dito medio. Ricordo un paio d’occhiali tondi da sole e un rossetto
di color rosa. Era in forma, senza ombra di dubbio, ma non tipo quelle che
passano due ore al giorno sul tapis roulant, piuttosto come una che sta
estremamente attenta a ciò che mangia e a quanto ne mangia. Una donna attraente
in poche parole.
Io e Giulia ci sedemmo sulle due
sedie e lei si distese sulla brandina mettendosi su un fianco, così da
guardarmi nel viso.
Parlammo molto. Mi chiese
dell’esame di Stato, rise alle mie battute sul mio scarso impegno scolastico e
poi mi fece qualche domanda sul mio impegno politico in un movimento giovanile pistoiese.
Ero totalmente a mio agio, ma scelsi comunque
di non fumare una sigaretta davanti a lei. Prendemmo da bere ed io scelsi un
chinotto con ghiaccio e una fetta di limone.
Parlammo un po’ del viaggio che
di lì a poco avremmo fatto io e Giulia, e ogni tanto la Piera tirava fuori il suo
cellulare e controllava che non le avessero scritto o forse rispondeva anche a
dei messaggi.
Ero felice di conoscerla ed era esattamente
come me l’ero immaginata, non aveva deluso le mie aspettative. Una donna brillante
porca miseria, come la figlia, solamente con trent’anni di più.
Il costume che portava era
celeste con delle paillettes sui triangoli della parte superiore.
Caratteristici di donne consapevoli della propria bellezza, sia come forme
naturali e sia come se la sono saputa mantenere. Un costume un po’ giovanile,
se così si può dire, che però le stava comunque a pennello dato il fisico
asciutto e adatto proprio ad una come lei, cioè abituata a porsi con
abbigliamento bello ed invidiabile, sia per la sua ricchezza e sia perché non
indossabile da tutte le donne.
In effetti l’atteggiamento a
donna che però è anche madre un po’ le è scomparso, cosa invece ancora presenta
in mia madre, probabilmente perché ha ancora due figlie relativamente piccole.
La Piera si notava benissimo
che si stava comportando con me come si sarebbe potuta comportare con un amico
coetaneo o con sua figlia, quindi in maniera simpatica ma non dolce, razionale
ma non fredda. Mia madre quando conobbe Giulia, ricordo che inclinava la testa
leggermente mentre l’ascoltava parlare e accennava sempre ad un sorriso caldo e
dolce. Dei due metodi di approccio non ho uno preferito, ma sicuramente per mia
madre preferisco quello che ha, mi fa sempre sentire coccolato e anche un po’
viziato, che non mi dispiace affatto.
Dopo un’oretta mi congedai, sarei
tornato al Panoramic da mia nonna, i miei erano già in Molise a casa di mio
padre.
Avevo conosciuto la madre della
mia fidanzata, era stata una sorta di iniziazione.
Felice, fiero di quel che
stavo facendo ed esaltato, ecco come mi sentivo in quel momento.
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