La difficile risalita.
Ieri sera, prima di addormentarmi, pensavo a Kabobo er picconatore e alla ministra Kyenge, o come cavolo si scrive. Riflettevo su quanta ipocrisia gira attorno al mondo e alla realtà che quei due negri rappresentano. Altolà, negro non è un termine offensivo, non lo si usa solo per i vu’ cumpra’ ma per tutte le persone provenienti dall’Africa centrale.
Nero piuttosto sarebbe dispregiativo e diretto ad una classificazione poco carina in base al colore della pelle. Nel Bronx, dove esiste ancora un forte sentimento razziale, infatti gli abitanti vengono divisi in bianchi, neri, gialli eccetera.
E insomma riflettevo su tutte le sparate della neoministra e parallelamente sulle sei mazzate che l’amico Kabobo ha inferto a sei sfortunati passanti, provocando la morte di tre di questi. Pensavo allo ius soli, alla cancellazione del reato di clandestinità, all’aver messo un ministero della Repubblica italiana nelle mani di una persona straniera di sangue e di sentimenti.
In fine al fatto che er picconatore era un clandestino diventato bestia sanguinaria per il modo col quale è stata trattata la questione dell’integrazione degli immigrati. Non lo difendo, e sono il primo a dire che se un poliziotto, durante la carneficina, avesse sparato a Kabobo sicuramente non gli avrei rimproverato alcunché. Ma mi domando che necessità ci fosse di mettere al Governo una anti-italiani di colore, di farle sparare cazzate, tipo quella di concedere le seconde case degli italiani agli immigrati senza un tetto, e di conseguenza di far arrabbiare chi su questa terra c’è nato, c’ha costruito una famiglia e vorrà vedere i propri figli farlo diventare nonno e poi bisnonno. Mi chiedo perché nel ventunesimo secolo si debba dar ancora così tanto ascolto alla retorica più cieca e squallida, affermando con noncuranza di dover dare asilo a chiunque perché dobbiamo aiutare, aiutare e aiutare, senza mai prendere atto dell’invasione etnica e culturale di cui l’Italia è vittima, senza pensare che al padre di famiglia che a stento arriva a fine mese si girano le palle vedendo la micro illegalità dilagare per le strade, mentre al contrario, per la troppa e stringente legale burocrazia, egli magari sta perdendo il lavoro.
Questo non è il tempo della retorica, del buonismo, del moralismo vestito a toga.
In questo tempo di profonda crisi dovremmo recuperare la nostra identità come popolo italiano e come Italia europea.
Questo è tempo di risalita, difficile, in salita vertiginosa, ma che deve essere effettuata, pena il disfacimento della nostra civiltà cristiana e occidentale.
La si deve effettuare adesso perché abbiamo raschiato il fondo del barile, perché abbiamo toccato i minimi storici e non mi sto riferendo a Pil o quant’altro.
Mi sto riferendo a sentimento nazionalista e ad amor patrio.
Nero piuttosto sarebbe dispregiativo e diretto ad una classificazione poco carina in base al colore della pelle. Nel Bronx, dove esiste ancora un forte sentimento razziale, infatti gli abitanti vengono divisi in bianchi, neri, gialli eccetera.
E insomma riflettevo su tutte le sparate della neoministra e parallelamente sulle sei mazzate che l’amico Kabobo ha inferto a sei sfortunati passanti, provocando la morte di tre di questi. Pensavo allo ius soli, alla cancellazione del reato di clandestinità, all’aver messo un ministero della Repubblica italiana nelle mani di una persona straniera di sangue e di sentimenti.
In fine al fatto che er picconatore era un clandestino diventato bestia sanguinaria per il modo col quale è stata trattata la questione dell’integrazione degli immigrati. Non lo difendo, e sono il primo a dire che se un poliziotto, durante la carneficina, avesse sparato a Kabobo sicuramente non gli avrei rimproverato alcunché. Ma mi domando che necessità ci fosse di mettere al Governo una anti-italiani di colore, di farle sparare cazzate, tipo quella di concedere le seconde case degli italiani agli immigrati senza un tetto, e di conseguenza di far arrabbiare chi su questa terra c’è nato, c’ha costruito una famiglia e vorrà vedere i propri figli farlo diventare nonno e poi bisnonno. Mi chiedo perché nel ventunesimo secolo si debba dar ancora così tanto ascolto alla retorica più cieca e squallida, affermando con noncuranza di dover dare asilo a chiunque perché dobbiamo aiutare, aiutare e aiutare, senza mai prendere atto dell’invasione etnica e culturale di cui l’Italia è vittima, senza pensare che al padre di famiglia che a stento arriva a fine mese si girano le palle vedendo la micro illegalità dilagare per le strade, mentre al contrario, per la troppa e stringente legale burocrazia, egli magari sta perdendo il lavoro.
Questo non è il tempo della retorica, del buonismo, del moralismo vestito a toga.
In questo tempo di profonda crisi dovremmo recuperare la nostra identità come popolo italiano e come Italia europea.
Questo è tempo di risalita, difficile, in salita vertiginosa, ma che deve essere effettuata, pena il disfacimento della nostra civiltà cristiana e occidentale.
La si deve effettuare adesso perché abbiamo raschiato il fondo del barile, perché abbiamo toccato i minimi storici e non mi sto riferendo a Pil o quant’altro.
Mi sto riferendo a sentimento nazionalista e ad amor patrio.
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