La protesta viene a noia, così anche Renzi e Grillo.
Il popolo italiano sta recuperando lucidità, sta recuperando consapevolezza di ciò che dev'esser fatto, di ciò che doveva esser fatto e delle responsabilità soggettive che poi, alla fin fine, sono l'elemento fondamentale di questo periodo difficile nato negli Usa ed importato in Europa. Mettiamola così, gli italiani si sono concessi un periodo piuttosto lungo per sfogare le proprie frustrazioni e ribaltare addosso ai potenti e ai ricchi le proprie preoccupazioni ed ansie. In certi casi era concepibile, perché una rivolta psicologica o materiale motivata sufficientemente è sempre ben accetta, indice infatti d'una partecipazione attiva del popolo all'attività amministrativa della cosa pubblica. In altri casi è stata imbarazzante e grottesca, ed ha partorito i chiaccheroni e gli urlatori che noi tutti conosciamo, sto parlando di Renzi e Grillo, soggetti preoccupanti per il consenso che hanno ottenuto ma soprattutto per l'inconsistenza delle loro chiacchere e della conseguente azione. Si vantano da una parte d'aver raccolto la rabbia popolare senza averla fatta sfociare nella violenza, e dall'altra d'aver rottamato e rinnovato, d'aver mandato in pensione i dinosauri della politica, insomma d'aver salvato il paese dal baratro. Io non vedo alcunché in loro due, non sono affascinato dalle urla sguaiate o dalle uova lanciate sul politico mal capitato di passaggio. Non approvo chi, facendosi forte d'una giovane età che inesorabilmente svanirà ben presto, umilia gli anziani che invece meriterebbero il rispetto comune solo per la loro saggezza e per il loro lavoro.
Grillo si è dimesso, non ha saputo tener testa al quel popolo incazzato che un tempo aizzava e faceva godere ma che adesso ha chiesto il conto, ha preteso indietro dei risultato che l'uomo di Genova non ha ottenuto, che i giovani pulitissimi e onestissimi che ha spedito in Parlamento non hanno potuto ottenere perché sotto ricatto: o fate quel che vogliono Grillo e Casaleggio, o sarete indicati come traditori, come politicanti appartenenti alla famigerata Kasta.
Renzi ha creato un patto detto del Nazareno perché siglato nella storica sede romana della sinistra, lo ha siglato con Berlusconi, col Cavaliere che mai i suoi predecessori son riusciti a disarcionare. Questo famoso patto, che quell'idiota di Grillo ha denunciato alla procura di Roma, va oltre quel che Renzi ci ha raccontato, va oltre le riforme costituzionali, arriva infatti fino al Jobs Act, quella vecchia riforma del lavoro che oggi il Rottamatore ci presenta col titolo inglese perché, chissà, magari ha intenzione di rottamare pure la lingua italiana. Chi ha buona memoria si sarà accorto che il Jobs Act di Renzi è la quasi esatta fotocopia del programma berlusconiano per le elezioni politiche del febbraio 2013. Renzi ha sbattuto quel suo viso privo di rughe contro la dura realtà, e se da una parte ha dimostrato coraggio nell'affrontare la vecchia guardia della sinistra, dall'altra si è dimostrato un ragazzo alle prese con qualcosa troppo grande per lui, ma Berlusconi non gli ha negato consigli e consulenze varie, come al solito si è dimostrato un grande statista.
Mi spiace che un intellettuale colto e non ottuso come Giuliano Ferrara esalti così tanto Matteo Renzi addirittura definendolo il vero figlio politico di Berlusconi. Ferrara sbaglia, e credo sbagli perché sta annaspando nell'affanno comune di trovare un degno successore al Cav. Comprendo la sua ansia, ma non accostiamo un genio assoluto con uno sfacciato parolaio, un uomo che incarna il liberalismo e ne ha fatto il suo pane quotidiano con un ragazzo che incarna tutto e niente, che attinge un po' di qua e un po' di la. Ferrara non deve cadere in questo tranello, perché così facendo non renderebbe il giusto merito a quel Caimano che vent'anni ci liberò dall'incombente comunismo di Occhetto.
Siamo felici d'essere italiani, andiamo orgogliosi delle dicerie sul nostro conto e sui nostri vizi, andiamo orgogliosi degli ultimi vent'anni di vere elezioni ed unzioni popolari, di questi politici maledetti che ci hanno fatto del male ma che noi abbiam scelto, perché mi pare che all'orizzonte non se ne veda di migliori. Anzi...
Grillo si è dimesso, non ha saputo tener testa al quel popolo incazzato che un tempo aizzava e faceva godere ma che adesso ha chiesto il conto, ha preteso indietro dei risultato che l'uomo di Genova non ha ottenuto, che i giovani pulitissimi e onestissimi che ha spedito in Parlamento non hanno potuto ottenere perché sotto ricatto: o fate quel che vogliono Grillo e Casaleggio, o sarete indicati come traditori, come politicanti appartenenti alla famigerata Kasta.
Renzi ha creato un patto detto del Nazareno perché siglato nella storica sede romana della sinistra, lo ha siglato con Berlusconi, col Cavaliere che mai i suoi predecessori son riusciti a disarcionare. Questo famoso patto, che quell'idiota di Grillo ha denunciato alla procura di Roma, va oltre quel che Renzi ci ha raccontato, va oltre le riforme costituzionali, arriva infatti fino al Jobs Act, quella vecchia riforma del lavoro che oggi il Rottamatore ci presenta col titolo inglese perché, chissà, magari ha intenzione di rottamare pure la lingua italiana. Chi ha buona memoria si sarà accorto che il Jobs Act di Renzi è la quasi esatta fotocopia del programma berlusconiano per le elezioni politiche del febbraio 2013. Renzi ha sbattuto quel suo viso privo di rughe contro la dura realtà, e se da una parte ha dimostrato coraggio nell'affrontare la vecchia guardia della sinistra, dall'altra si è dimostrato un ragazzo alle prese con qualcosa troppo grande per lui, ma Berlusconi non gli ha negato consigli e consulenze varie, come al solito si è dimostrato un grande statista.
Mi spiace che un intellettuale colto e non ottuso come Giuliano Ferrara esalti così tanto Matteo Renzi addirittura definendolo il vero figlio politico di Berlusconi. Ferrara sbaglia, e credo sbagli perché sta annaspando nell'affanno comune di trovare un degno successore al Cav. Comprendo la sua ansia, ma non accostiamo un genio assoluto con uno sfacciato parolaio, un uomo che incarna il liberalismo e ne ha fatto il suo pane quotidiano con un ragazzo che incarna tutto e niente, che attinge un po' di qua e un po' di la. Ferrara non deve cadere in questo tranello, perché così facendo non renderebbe il giusto merito a quel Caimano che vent'anni ci liberò dall'incombente comunismo di Occhetto.
Siamo felici d'essere italiani, andiamo orgogliosi delle dicerie sul nostro conto e sui nostri vizi, andiamo orgogliosi degli ultimi vent'anni di vere elezioni ed unzioni popolari, di questi politici maledetti che ci hanno fatto del male ma che noi abbiam scelto, perché mi pare che all'orizzonte non se ne veda di migliori. Anzi...
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