Venti chilometri di passione-Capitolo 26
Passò un’altra settimana in cui
stemmo bene, almeno era questo che io credevo.
Passai ancora più tempo con lei
al bagno Giovanni, ed anche con Piera ed Umberto.
Il 14 Agosto, per S.Lorenzo,
andammo in centro al Forte a comprare le schiacciatine da Valè, e Giulia ne
prese mi pare sette od otto. Tornammo sulla spiaggia e le dividemmo coi suoi
genitori.
Ricordo la Piera che mi diceva di
non fare complimenti e ricordo che io, dopo aver mangiato i pomodori, facevo la
scarpetta con un pezzetto di schiacciata e con l’olio di condimento.
Erano gli stessi piccoli
contenitori trasparenti col coperchio celeste che Giulia aveva usato l’estate
precedente, appena data la maturità, per portare il nostro pranzo al Panoramic, dove
pranzavamo all’ombra della tenda numero due.
Era passato già un anno da quei
momenti di spensieratezza e di amore sincero, eppure a me sembrava fosse ieri.
Giulia sa farti perdere la cognizione del tempo.
Fu una settimana troppo calma, ed
io, dopo quello che era appena successo, avrei dovuto fare qualcosa, qualsiasi
cosa, far notare a Giulia che io c’ero, ero presente, e non solo fisicamente,
ma come suo compagno di vita, come persona che aveva conosciuto proprio in quel
posto magico e che lì avrebbe voluto passare il resto della sua vita
stringendola a sé, proprio come aveva fatto fino a qualche tempo prima.
Preferii far finta di niente,
preferii non pormi domande, mi illudevo ancora una volta che il mio
comportamento da solista e, in parte, da egoista, andasse bene, non facesse del
male a nessuno.
La sera del 15 Agosto Giulia mi
disse che con me non voleva più stare, che per lei ero ormai fonte di dolore e
non di gioia.
Quella sera la passammo a casa
mia, nella camera dove avevamo vissuto per due anni e mezzo, dove avevamo fatto
l’amore un milione di volte e dove io, una volta sul letto, avevo l’abitudine
di stringerla dal dietro dicendole “ti amo” prima che chiudesse gli occhi.
Passammo la sera sul terrazzo e
seduti sul letto. Avevamo fissato con gli altri nostri amici di passare la
nottata al Seven Apple ma nessuno dei due aveva qualcosa da festeggiare.
La convinsi a dormire con me, e
le chiesi se la potessi stringere per l’ultima volta, perché mi ero davvero
accorto che sarebbe stata l’ultima.
Prima di addormentarmi le
sussurrai all’orecchio di non abbandonarmi, lei non rispose neanche, rimase
girata e non mi guardò piangere contro la sua spalla, la solita piccola spalla
che da molto tempo dava a me conforto.
La mattina dopo la riportai a
casa, mi fermai sotto la finestra della cucina, nel piccolo parcheggio che da
lì si vede.
Non so minimamente spiegare le
sensazioni che stavo provando in quel momento, so solo che spesso e volentieri
le sento tutt’ora, ed oggi come allora piango e ripenso alla sera del primo
Gennaio 2011 quando la baciai per la prima volta e la presi in braccio a me
mentre ero seduto su una poltrona del Seven Apple.
Ogni volta che passo dalla
stazione di Pistoia mi fermo a guardare la sedia su cui appoggiai le nostre
valigie quando tornammo dall’interrail, ma questo l’ho già detto.
Non ancora detto però che la
Versilia la amo ancora più di prima, che a Pietrasanta vorrei passare
seriamente il resto dei miei giorni, che la casa alle Focette la terrò negli
anni dovessi anche vendere l’anima al diavolo. Che non ringrazierò mai
abbastanza i miei genitori e i genitori di Giulia per avermi accompagnato,
ognuno a modo proprio, in questo viaggio durato quasi tre anni e che , in fine,
per Giulia io rimarrò per sempre quel toscano puro e scapestrato che conobbe quattro
anni fa e che seppe farle girare la testa.
Sempre e per sempre.
Ti stringo forte.
Tuo, Lorenzo.
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