Venti chilometri di passione-Capitolo 14
Cos’è la Versilia? Cosa sono il
mare e la sabbia? Cosa sono le tende e le cabine? Cos’è Pietrasanta? Cosa sono
le Focette? Cos’è la Capannina con la storia bella degli anni ’60 che si porta
dietro? Cos’è la pista ciclabile lunga circa venti chilometri? Cosa sono venti
chilometri di passione? Cos’è la passeggiata bianca di Viareggio e la sua
pineta e il Gatto Nero, il chiosco coi bomboloni più grandi di sempre? Cos’è il
Forte, con la sua storia e la sua ricchezza intrinseca, che oggi si sta
trasformando in pacchianeria orientale pura? Cosa riesce ad imprigionare una
parte di te in questo posto? Vestivamo
alla marinara di Susanna Agnelli mette angoscia e malinconia in chi abbia
veramente vissuto la Versilia.
La Versilia è Il Bello, è L’Arte,
è spensieratezza e freschezza nonostante la temperatura estiva torrida. Cosa
sono i pini che io vedo in tutti giardini dei miei vicini di casa? È
tradizione. È protezione.
L’aria degli anni ’60 è sempre
presente e non lascerà mai quel posto, quei venti chilometri circa. E per
quanto oggi i tempi siano cambiati e in peggio, si va in Versilia per illuderci
che tutto questo gran casino non stia avvenendo. Che i posti di lavoro esistano
per tutti, che tutti si possa stare due o tre mesi al mare d’estate senza
preoccuparci di ciò che ci aspetta in città al nostro ritorno, che si possa
ancora spendere soldi senza darci pensiero perché tutti hanno la possibilità di
farne molti, inventando, creando, aprendo attività nuove.
La Versilia è per chi non vuole
sottomettersi al grigiume dilagante in questo nostro Paese, per chi in passato
ha avuto la possibilità o la fortuna di sognare e vuole continuare a farlo,
senza fermarsi.
La Versilia è anche malinconia, è
romantica tristezza. Si va verso un futuro nero ed incerto, eppure lì tutto è
rimasto com’era quaranta o cinquant’anni fa. Gli aperitivi, i mocassini coi
lacci in cuoio, le camicie di lino. Le ragazze che di sera sfrecciano in bicicletta
sulla passeggiata. La passione lunga venti chilometri che ti accompagna ogni
giorno, appena ti svegli fino a quando non ti corichi.
Eppure anche la notte te ne
accorgi, mentre dormi. Quando ti senti scomodo nel letto perché c’è rimasta
della sabbia, e allora ci passi la mano sopra accarezzandola ma non portandola
fuori dalle lenzuola.
Prima di addormentarmi sento la
musica assordante dei locali e delle discoteche che tengono svegli tutti, anche
chi non vorrebbe. Ma la Versilia è anche questo. Attività frenetiche che però
ti riposano, ti rilassano. Orari folli e mangiate notturne devastanti, che però
ti fanno venire in mente i film di De Sica e di Jerry Calà, e allora quello che
era grigiume si tramuta in azzurro. Anzi no, in blu e bianco, i colori della
tenda numero due e della canottiera che portavo da piccolo al mare.
Quando d’estate torno al mare
vado ad aprire l’armadio di camera dei miei e annuso i vestiti che usa mia
madre da una vita. Sono sempre i soliti. Hanno un odore strano, sicuramente ha
influito la salsedine. Sono vestiti da mare, larghi, alcuni semplicissimi,
altri più elaborati.
Nelle foto di quando ero piccolo
ed ero al mare in braccio a mia mamma, lei indossava già alcuni di quei
vestiti. Ha una canottiera rosa lunga con delle piccole conchiglie attaccate
sul girocollo. Me la ricordo da sempre.
Mio padre invece ci tiene dei
pantaloni corti e delle magliette tipiche di venti o trent’anni fa. Pantalone
corto ugualmente con l’orlo e che arriva sopra il ginocchio.
Colori improbabili ma pieni di
freschezza, come il rosa scuro o il bianco con righe blu sottili.
Magliette a maniche corte che
andavano infilate dentro i pantaloni data la loro lunghezza. Ne ha una della
Ralph Lauren grigia e bianca. È sbiadita, non so quanti anni avrà ma suppongo
molti. Un’altra più recente che viene da Ibiza, estate ’96, quando ci andai coi
miei una settimana in vacanza. Avevamo adottato un gatto per quel breve periodo
e conservo ancora delle foto di me col capoccione pelato, tipica mia
acconciatura estiva di quando ero piccolo, che stringo al petto il povero
animale ormai diventato ostaggio.
Il mercoledì sera Jerry Calà va
in Capannina a cantare per un’oretta canzoni anni ’60. Vianello, Battisti,
Morandi, Gino Paoli. Cambia a volte anche delle parole dal testo originale.
La mattina dopo, frastornato dai
troppi martini, te ne stai sulla spiaggia sotto il sole a riascoltare quelle
canzone dall’ipod. Se hai un telefono moderno le ascolti su youtube guardando
anche il video originale della canzone. È un sogno.
Vianello che canta ad alta voce,
ma senza scomporsi, Abbronzatissima o
Gino Paoli che intona Sapore di sale.
Allora ti immedesimi ancora di più nel posto che stai vivendo da una vita, e la
sera decidi di metterti un golf blu sulle spalle con le maniche legate tenute
appoggiate sul petto.
Mia madre mi ha raccontato spesso
di quando era adolescente. Ascoltava le canzoni che oggi balliamo in Capannina
il mercoledì sera e girava per la Versilia in vespa senza casco.
Conosco le sue amiche di sempre,
che ha conosciuto al mare d’estate e che ha sempre e solo frequentato al mare
d’estate. Sono toscane, alcune vengono da Prato. Io conosco i loro figli, c’ho
giocato spesso a pallone alle sette di sera sul bagnasciuga. Alcuni di loro
venivano al Panoramic, poi si sono spostati perché avevano litigato coi
proprietari, mai perché volessero cambiare posto.
La Versilia è abitudine, anche
monotonia, ma di quella monotonia che non stanca mai. È ricordi, fotografie
sbiadite ma piene di sorrisi, piene di volti giovani e che oggi ritrovi pieni
di rughe, ma sempre sorridenti.
Quest’estate il giorno di
ferragosto, al Panoramic e ad altri bagni vicini, avevano organizzato una
cocomerata sulla riva e dagli altoparlanti del bagno diffondevano le canzoni di
cui parlavo prima.
Ricordo un groppo alla gola e le
persone che, sotto le proprie tende, intonavano quelle canzoni cannando metà
testo o mandando degli acuti inascoltabili.
Era bello, rinfrescante e
rigenerante.
Credo che la vita sia fatta anche
di momenti apparentemente insignificanti, ma che poi possono rivelarsi di
vitale importanza.
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