Venti chilometri di passione - Capitolo 10
Il secondo giorno, o forse il
terzo, passato a Praga, decidemmo di andare a cenare con il famoso prosciutto
di Praga. Eravamo talmente affamati dopo la giornata di cammino e di foto che
alle 18 e 30 eravamo già pronti a prenotare due porzioni di carne.
Questo prosciutto viene venduto
da dei chioschi che lo cucinano sul momento, facendo una bella brace con dei
grossi ciocchi di legna e infilando in uno spiedo questi grossi pezzi di carne
rosa. Io e Giulia leggemmo i menù senza accorgerci che il prezzo indicato sul
cartello appeso fuori dal chiosco era all’etto e non a porzione. Ordinammo due
porzioni di prosciutto e patate, e quando andammo a ritirare i piatti ci arrivò
una batosta per il nostro portafogli comune veramente notevole.
Mangiammo in piedi coi piatti e le birre
appoggiati su un tavolino alto. Questa sistemazione la condividemmo con una
coppia di giapponesi. L’uomo, ad un tratto, fece un rutto clamoroso e io, dopo
poco, ricambiai. Giulia mi guardò male e arrossì, io invece me la risi a
crepapelle. Ho letto poco tempo fa che in Giappone o in Cina, ruttare a tavola
di fronte ad una persona, è sinonimo di “buon appetito”. Quindi, tutto sommato,
fui anche cortese nel ricambiare.
Tornammo all’ostello e ci facemmo
la doccia. Avendo il bagno in comune con altre due stanze, Giulia preferì che
stessi davanti la porta per evitare inutili disguidi o fastidi.
Le coperte che ci diedero erano
piccole e quindi la notte non potevamo difenderci molto dal freddo. Ne fui
felice, perché ebbi la scusa per potermi addormentare ogni sera abbracciato
alla mia Giulia. Inizialmente lei si metteva su un fianco e io l’abbracciavo
dal dietro stringendole le mani, dopo un po’ si girava e poggiava la testa sul
mio petto. Cosa avrei potuto desiderare di più?
L’ultimo giorno tornammo vicino
alla piazza col prosciutto di Praga per comprare un pensierino per i genitori o
gli amici. Trovammo per strada un quartetto di anziani che suonavano e
cantavano. Vendevano dei dischi musicali che dovevano aver inciso qualche
annetto prima. Giulia ne comprò uno per suo padre.
Ci infilammo poi in un
negozio di caramelle. Per nostra fortuna arrivammo proprio mentre due dei
dipendenti stavamo producendo delle caramelline cilindriche rosse con un cuore
rosa stampato dentro. Erano bravi ma soprattutto veloci.
Giulia comprò per i suoi genitori
un pacchettino di caramelle, io per i miei un disco, dello stesso materiale
delle caramelle, dal peso di un chilo! Per mangiarlo ho dovuto romperlo a forza
di martellate.
Optammo saggiamente per non
riprende il prosciutto, dato l’enorme esborso della sera prima e quindi ci
accontentammo di due hot dog piccanti che facemmo affogare in un mare di senape
e ketchup.
Tornammo all’ostello e preparammo
i bagagli perché la mattina dopo ci aspettava il treno per Vienna.
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