"Le mie idee, uno schermo e una tastiera sono per me come i capelli di Sansone. Privatemene e diventerò indifeso".

Il caso Lupi e il caso D'Alema: la disonestà intellettuale galoppa.

, by Yoga

Governare un Paese non è certo cosa da tutti, infatti ho sempre contanto fino a dieci prima di esprimere pareri discordanti con quel governo o con quel ministro. E' molto semplice chiaccherare e scrivere da dietro uno schermo, trovandosi lì probabilmente cambierebbero varie cose. Ma un conto sono le cose da fare, le decisioni che i vari titolari dei dicasteri devono prendere, le intermediazioni tra popolo elettore e parti sociali; altro conto è l'onestà intellettuale che non può mancare ai nostri governanti, insomma una virtù che va oltre il ruolo ricoperto in quel momento storico, bensì insita nella personalità di ognuno di noi, a chi più e a chi meno.
Il caso Lupi, oggi seguito da quello D'Alema, sono esempi emblematici.
Inutile percorrere a ritroso le sciagurate sventure di questi due politicanti, possiamo infatti saltare immediatamente alla fine della storia. I loro due famosi nomi sono stati trovati all'interno di intercettazioni effettuate da certe procure per indagare in affari loschi, nello specifico in affari di corruzione, roba antipatica prima che illegale, perché la corruzione all'Italia costa ogni anno decine di miliardi di euri. Il particolare interessante è che né Lupi, né D'Alema sono indagati. Semplicemente, intercettando Tizio e Caio, sono state intercettate pure le telefonate dei nostri due uomini. Lupi che parlava del figlio con soggetti poco raccomandabili, e D'Alema che vendeva le sue bottiglie di vino ad una Coop indagata. Neanche da domandarsi se siano innocenti o meno, visto che il loro nome non compare nel registro degli indagati. Il problema è che i pezzetti di intercettazione contenenti le loro conversazioni sono magicamente finiti sul tavolo di qualche giornalista forcaiolo che non ha esitato a pubblicarli ricamandoci attorno una storia incredibile. In pratica Lupi e D'Alema sono stato fatti passare per mezzi delinquenti. Ripeto, nessuna notizia di reato che riguardasse i due politici, ma allora perché tutto questo baccano? Perché Lupi si è comunque dimesso da Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti? Il problema è riassumibile in due dichiarazioni appartenenti rispettivamente al premier Renzi e al giornalista Andrea Scanzi. Renzi ha detto, a proposito di Lupi, che le sue dimissioni son questione di opportunità politica, insomma non lo ha messo alla porta ma neanche lo ha blindato. Scanzi, riguardo D'Alema, ha detto a Piazza Pulita l'altra sera che, secondo lui, il popolo italiano ha diritto di sapere se un politico famoso intrattiene rapporti con una Coop indagata. Fingiamo di dar loro ragione: chi decide i limiti di questo giochino al massacro? Perché un soggetto non indagato deve esser trattato come un criminale solo perché ha conversato con altri soggetti invece indagati? Com'è possibile che una serie di atti giudiziari segreti finisca nelle mani di certi giornalisti?
Un paio di domande al Renzi e a Baffino: perché Lupi, sotto sotto, ha fatto bene a dimettersi ma i sottosegretari indagati invece rimangono col culo piantato sulle loro poltrone? Perché l'uso e la divulgazione delle intercettazioni non potevano essere ridimensionati quando nel tritacarne c'era Berlusconi, mentre ora che nei casini c'è D'Alema tale provvedimento deve finire in cima all'agenda governativa?
Io la risposta la conosco. Dalle mie parti si chiama disonestà intellettuale. Che non ti fa finire nel registro degli indagati, ma spesso fa più schifo di molti reati.
Buona Pasqua eh.

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