"Le mie idee, uno schermo e una tastiera sono per me come i capelli di Sansone. Privatemene e diventerò indifeso".

Fabrizio Quattrocchi e Carlo Giuliani. Trovate le differenze.

, by Yoga

Ieri era l'anniversario della morte di Fabrizio Quattrocchi, il militare italiano rapito a Bagdad il 13 aprile del 2004 da un gruppo di figli di Allah. Lo uccisero poco dopo sparandogli nella schiena, dopo averlo incappucciato e fatto inginocchiare.
Era un grande italiano, di quelli che il tricolore lo portano sempre con sé, nel cuore, mandando al diavolo chi ci apostrofa malamente facendo riferimento a idiozie e luoghi comuni. Fu un italiano esemplare, ed un uomo dal carattere d'acciaio, fino all'ultimo. E' nota la frase che disse ai suoi rapitori e boia poco prima che gli sparassero dal dietro: adesso vi faccio vedere come muore un italiano! Per altro, dopo aver chiesto a quei cani immondi d'essere giustiziato almeno col viso scoperto, mostrando quindi il coraggio e non la viltà. Un italiano se li mangia a colazione quei quattro straccioni ignoranti, e Fabrizio ne è l'esempio. Morì esaltando il suo, il nostro Paese, e per questo gliene dobbiamo esser grati. Ma il Comune di Genova, città in cui Fabrizio è cresciuto, non ha mai voluto dare ad un luogo pubblico (piazza o strada che sia) il suo nome, nonostante gli sia stato suggerito ripetutamente da svariati personaggi della politica nazionale. Altre città -pochissime in verità- lo hanno fatto, ma sarebbe importante e significativo che una via della città che lo adottò gli fosse intestata. Niente da fare, neanche la medaglia d'oro al valor civile conferitagli da Ciampi ha fatto smuovere i bigotti sinistroidi genovesi che, a quanto pare, preferiscono che il nome "Fabrizio Quattrocchi" finisca nel dimenticatoio degli eroi popolari troppo patriottici per essere ricordati in eterno.
Al contrario, una stanza del nostro Senato della Repubblica venne intestata a Carlo Giuliani immediatamente dopo la sua morte. Tutti ricorderanno questo nome, il contesto in cui avvenne il suo decesso e le polemiche -pure attuali- che continuano a circondare quei tre giorni di G8, guarda caso, genovese.
Carlo Giuliani, durante uno dei tanti parapiglia avvenuti in quei tre giorni, stava per uccidere un carabiniere ferito e bloccato all'interno della jeep in dotazione. La famiglia sostiene il contrario, ha tentato in ogni modo di giustificarlo, ma le immagini parlano chiaro: il Giuliani voleva rompere la testa ad un carabiniere inerme ed immobilizzato. Quest'ultimo sparò per difendersi, il proiettile colpì uno dei tanti sassi "volanti" e finì per uccidere Giuliani. Quest'ultimo è un martire? Un eroe? Comprensibile il dolore dei familiari, ma noi osservatori esterni non possiamo non dire lucidamente la verità.
Come mai a Genova si può leggere in vari luoghi pubblici il nome di Giuliani e non quello di Quattrocchi? Perché al primo, addirittura, è stata intestata una parte del Senato italiano? Non sto giocando a chi ce l'ha più lungo, ma non comprendo come mai un delinquente si merita tali omaggi ed un soldato assassinato invece no. Non capisco perché si debba elevare ad eroe popolare un ragazzo col passamontagna e l'estintore in braccio, e nascondere, quasi vergognandosi, la fine gloriosa di un soldato italiano che in punto di morte ha esaltato la sua, la nostra bandiera.
O forse mi si vuol dire che Giuliani stava esercitando un suo diritto in quel momento, il suo intoccabile diritto a manifestare il proprio pensiero anche nei modi più brutali, mentre Quattrocchi stava solamente facendo il suo dovere di militare.
Già, solamente. Perché oggigiorno, a quanto pare, si può parlare solo di diritti e mai di doveri.

0 commenti:

Posta un commento