"Le mie idee, uno schermo e una tastiera sono per me come i capelli di Sansone. Privatemene e diventerò indifeso".

Venti chilometri di passione-Capitolo 25

, by Yoga


Ricordo più particolari delle due estati antecedenti a quella di cui sto scrivendo, cosa piuttosto strana direte voi, ma non per me, io conosco il motivo.

Se ripenso all’estate 2013, come prima cosa in mente mi viene della nebbia, un ammasso di ricordi aggrovigliati che neanche io so come siano finiti in questo modo, cosa cavolo abbia combinato per ridurre un periodo fresco e spensierato come questo in qualcosa di spiacevole, di orticante, di confuso.

Non ricordo l’inizio dell’estate, ho qualche ricordo abbastanza netto di cui ho scritto sopra, ma comunque niente di esattamente preciso. Intendo che riesco a ricordarmi poche conversazioni, e per uno come me è strano.
Ricordo però bene una domenica sera di fine Luglio, ricordo il mio atteggiamento beffardo e testardo, io che non ascoltavo cosa mi stava suggerendo Giulia che era al mio fianco, mi comportavo come se lei non esistesse e non riesco ancora a spiegarmi per bene il motivo di un comportamento tanto insensato.

Sembrava che fossi tornato indietro di due anni, di due estati.
Sembrava l’estate del 2011, quando io per partito preso mi fingevo disinteressato nei suoi confronti o quanto meno non interessato quanto lo ero realmente.

Quella sera feci esplodere Giulia, e non importa che mi metta a raccontare i fatti dettagliati, perché in effetti non li ricordo esattamente neppure io, ricordo solamente lei che se ne andava in bicicletta verso Pietrasanta e mi diceva di non volermi più vedere.
Fu irremovibile, e per una settimana non si fece vedere. Non la potevo guardare, né toccare, né stringere e né rassicurare perché stava meglio senza avermi intorno.

In quel momento invece mi sembrava d’essere tornato indietro di qualche mese, quando a Marzo andai a casa sua dopo quella lite furibonda che credevo costituisse la fine della nostra storia.
Sembrava un dejà-vu, avevo già provato quella sensazione nauseante provocata dall’impossibilità di spiegarmi con lei, di piangerle sulla spalla come d’altronde avevo già fatto diverse volte.
Mio padre a Luglio non viene mai al mare, tranne che nei week end, perché le ferie le prende ad Agosto, mia madre fa il contrario ma in quella settimana anche lei dovette restare a Pistoia. Rimasi solo con mia nonna Loriana.

Passavo praticamente le giornate e le serate con lei, andavamo insieme sulla spiaggia, pranzavamo insieme, tornavamo a casa verso le sette di sera e cenavamo. Poi entrambi sul divano a guardare la tv.
Stavo sempre con lei, ma quando stavamo sulla spiaggia, mentre lei rimaneva sdraiata sulla brandina, io andavo a camminare in riva al mare, non riuscivo a stare fermo, ero un’anima in pena.

Mi sembrava assurdo che avessi passato nove mesi insieme alla mia Giulia con trecentocinquanta chilometri che ci separavano e quindi potendola vedere poco, e ora che ce l’avevo ad un tiro di schioppo io me ne dovevo stare da solo al Panoramic facendo finta di non essere in Versilia come lo era lei in quel momento.

Dopo circa una settimana riuscii a convincerla a vederci.
Ci incontrammo al Forte davanti ad una pizzeria nei pressi del lungo mare ma non in centro, data la situazione non ci pareva il caso di stare in mezzo alla gente.
La aspettai lì davanti con due pizze e due bottigliette d’acqua.

Cenammo su una panchina di faccia al mare, con alle spalle la siepe di una delle centinaia o forse migliaia di ville situate a ridosso del mare, e io l’odore che emanano quelle siepi lo amo da morire.
Mi spiegai, le si spiegò e mi chiese se volessi una seconda possibilità. Piansi sulla sua spalla annuendo come desideravo fare da una settimana a quella parte.

Era però evidente che il sollievo provato in quel momento annebbiasse la mia mente e non mi facesse rendere conto dell’unica maledetta verità, la mia Giulia era ormai ed inesorabilmente lontana.

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