"Le mie idee, uno schermo e una tastiera sono per me come i capelli di Sansone. Privatemene e diventerò indifeso".

Venti chilometri di passione-Capitolo 12

, by Yoga


Sono un tipo abitudinario, questo lo so da me.
Mi dicono anche, anzi mi accusano di essere pigro e permaloso. In realtà non so proprio se fidarmi del giudizio di tutti questi commentatori. Io non so assolutamente descrivermi, quindi tanto meno negare di avere una certa caratteristica.

Perché, come si fa a conoscersi? Voglio dire che è normale conoscere le altre persone, quelle che ti stanno attorno tutto il santo giorno. A questo punto le si può criticare o apprezzare riconoscendogli dei difetti o dei pregi. Ma io come cavolo faccio a sapere come son fatto? Conosco i miei gusti, ciò che mi piace fare, tipo lo sport preferito e l’hobby che porto avanti da sempre. Ma per il resto devo, purtroppo, attenermi al giudizio che gli altri hanno su di me, bello o brutto che sia.
E il bello è che i miei difetti pare che siano palesi, riconoscibili immediatamente. I pregi no, questi spuntano fuori a volte, saltuariamente, quasi come se quell’atteggiamento positivo lo tirassi fuori da un repertorio esclusivo che riservo solo per pochi. Ma forse è così realmente. Forse io, o chiunque, tendo a dare il meglio di me, andando anche contro il mio istinto, solo con certe persone, quelle che secondo me si meritano questo mio sforzo.

Perché chi può affermare di essere sempre buono, gentile ed accomodante con tutti? Un bugiardo suppongo. Io detesto con tutto me stesso chi si sforza di essere costantemente col sorriso sulle labbra. Uno mi disse “la vita è breve per passare le giornate col muso lungo”. Porca miseria, sei una marionetta azionata da dietro le quinte o sei una persona normale, che si porta inevitabilmente dietro anche dei rimpianti o delle incazzature che possono provocare il famigerato malumore?!

Mi dissero anche che un tipo permaloso come me si incazza più facilmente rispetto ad uno meno permaloso.
 Prima riflessione: non ci si arrabbia perché si è più o meno permalosi, ma perché veniamo toccati in un punto sensibile. Un ragazzo orfano di madre si arrabbierà più di me, non orfano, se gli verrà detto figlio di puttana. Ma non perché sia particolarmente permaloso, piuttosto perché ha un punto debole e con quella frase gli viene centrato in pieno.
Seconda riflessione: di tutti coloro che ti dicono d’essere troppo permaloso o altro, quali sono senza secondi fini? Di quali mi posso fidare ciecamente? Di pochi secondo me. Forse neanche della fidanzata. Dei genitori si, degli amici non molto.

C’è poco da fare, siamo animali evoluti che amano la competizione. Il concetto “l’importante è partecipare” non fa pare di questo mondo, soprattutto se la sfida si chiama vita, evento che ti accompagna per sempre e si conclude solo quando ti mettono sotto tre metri di terra. Quindi come dire, ognuno fa il suo per renderla piacevole a se stesso e meno agli altri. Non dico che lo si faccia per cattiveria o seguendo un preciso piano creato a tavolino. Dico solo che se il tuo vicino ha il giardino molto più grande del tuo e te lo invidi molto, starai sicuramente meglio se l’erba del tuo amico inizierà a diventare gialla, mica perché tu gli voglia male, ma solo perché così ti sentirai meno inferiore rispetto a lui. Quindi anche nelle critiche più aspre e sincere ci può essere un pizzico malignità.

Un mio grande professore di lettere degli ultimi due anni delle superiori ci disse “non lo ammetteremo mai, ma noi godiamo sempre quando una persona a noi vicina sta male per qualche motivo”. E’ un procedimento mentale presente in tutti noi, c’è poco da fare. Ogni volta che un amico vivrà una situazione spiacevole, ci sentiremo più fortunati e in una posizione momentaneamente privilegiata rispetto allo sfortunato compagno.

Un genitore non potrà mai provare un sentimento simile nei confronti del figlio. Nemmeno un nonno nei confronti del nipote. Loro sono le uniche persone che sarebbero sempre pronte ad auto lesionarsi pur di far stare meglio il figlio o il nipote di turno.

Il problema è che, molto stupidamente, un ragazzo difficilmente si rivolge ai propri genitori nel caso abbia qualcosa di cui lamentarsi. Ci si vergogna. Si pensa che non riuscirebbero a comprendere il disagio che stiamo provando. Eppure anche loro sono passati da un’età travagliata e piena di brufoli chiamata adolescenza. Io ormai sono da qualche anno uscito da quel periodo, però ricordo dei momenti in cui magari un adulto mi avrebbe potuto mettere sulla strada giusta. Non che abbia mai combinato chissà quali danni. Insomma, le solite ragazzate che la maggior parte delle persone fa.

Pensandoci bene io cercavo di evitare il confronto coi miei anche per non dargli pensieri in più. Come dire, se posso non farti preoccupare perché credo di poter uscire da questa situazione autonomamente, cerco di farcela, così evito delle preoccupazioni ad altri e delle rotture di scatole a me stesso.

E si finisce per cercare l’amico che sembra essere in gamba, intelligente, ma che alla fine scegli come confessore solo perché ti propone la strada più facile e piacevole per risolvere un mezzo guaio.
Lo stesso amico che inizialmente ti giudicava facendoti un elenco delle spesa con tutti i tuoi difetti gravissimi. Quello di cui proprio non ci si dovrebbe fidare perché doppiogiochista.
Finisce che quello che dovrebbe essere il mio peggior nemico, diventa il mio miglior amico.

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