L’Italia è ormai un paese grigio.
E’ proprio vero che oggigiorno noi futuri lavoratori, ed attuali studenti e sfaccendati, non potremo fare nella nostra vita ciò che amiamo, ciò che ci comanda la nostra anima, il nostro istinto, non potremo fare quel che ci appaga di più, perché le condizioni economiche non lo permettono e perché soprattutto la speranza sta morendo, il grigiume avanza sul nostro paese e le brontolate a noi impartite dall’Europa certo non aiutano a tirarci su il morale. Sembriamo dei bambini che non capiscono mai la lezione e che hanno sempre bisogno di un rimprovero in più. Istintivamente ci appelliamo allo Stato, chiediamo a gran voce un suo intervento come un bambino monello fa con la madre non appena si accorge d’aver cazzeggiato e fatto il birbante per troppo tempo, chiede aiuto, mostra gli occhi lucidi ma ad un certo punto la mamma non risponde più, lo lascia in balia degli eventi ed anzi, infierisce imponendogli delle regole di condotta esageratamente severe e repressive.
La metafora risulta semplice ed efficace perché , ahimè, lo Stato italiano, ovvero il/i Governo/i, ci ha abbandonato da tempo al nostro tragico destino, come fa una qualsiasi madre avventata quando trascura i figli ancora troppo piccoli per dare retta alle sue pulsioni od inseguire ad occhi bendati e ad orecchie tappate l’amante. I politici che vivono in un mondo tutto loro e pensano ad auto governarsi e che hanno sbavato (soprattutto se senatori a vita) dietro alla bellissima Unione europea.
Non potremo, a queste condizioni, fare ciò che amiamo, esprimere a pieno le nostre capacità anche mediocri. Sarà difficile intraprendere un’avventura imprenditoriale alla Berlusconi, non perché manchi la voglia, ma perché non è proprio più contemplato questo tipo di prospettiva, di progetto, di rischio. Ci sentiamo oppressi e traditi da chi invece dovrebbe invitarci ma che dico, aiutarci a sollevarci e a dare il meglio di noi stessi, senza mettere i bastoni tra le ruote, togliendo a loro stessi per dare di più a noi privati cittadini, avendo noi altri tutto il diritto di star bene.
Molti continuano a crederci e ad andare avanti, si chiamano imprenditori, ma altrettanti molti di loro non hanno perso solo la speranza ma anche la diginità, e quindi hanno preferito non doversi vergognare di fronte ai propri figli e mogli, decidendo di togliersi la vita. Chi non si è ancora spezzato probabilmente lo farà, perché un’imposizione fiscale sulle imprese pari ad oltre il 60% ha come unico scopo quello di portare al suicidio i sopracitati.
Berlusconi, ottimo esempio di imprenditore e di self made man, resiste e non si piega. Autorizzato a rimanere in politica, ormai e purtroppo extra parlamentare, dagli oltre 90 milioni di voti raccattati in vent’anni di nobili battaglie, egli non muove un passo indietro, ma la sua storia dal ’94 ad oggi impressiona e non aiuta gli italiani a credere ancora nello Stato. Il più grande statista di sempre, il più grande imprenditore dal dopoguerra ad oggi, il primo contribuente italiano espulso dal Parlamento per evasione fiscale (sto trattenendo le risate) e condannato a sette anni per dei peccadilloes che tutti vorremmo poter commettere, andando in barba ai moralisti dei miei stivali che fanno gli spioni e guardoni dicendosi costernati alla notizia di qualche presunta e sana scopata. Un uomo del genere in Italia è trattato in questo modo, e sempre in questo ambiguo paese, composto principalmente da dipendenti pubblici e piccoli/medi imprenditori, questi ultimi che generano la vera ricchezza vengono derubati nel vero senso della parola dei pochi guadagni che riescono a fare, e gli viene poi urlato contro “evasori di merda!” se tentano di salvare la propria impresa e i propri dipendenti nell’unico modo a loro concesso, non regalando oltre la metà dei loro guadagni ad uno Stato ladrone e che soprattutto non sa più ricambiare il favore in alcun modo.
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