Opinioni che diventano reati e stupro della lingua Italian: il mondo secondo David Parenzo
La questione delle idee passa in secondo piano. È invece di primaria importanza l’aspetto della libertà di pensiero e della possibilità che tutti noi abbiamo di raccontare la verità in libertà. Parentesi: comunque la si voglia mettere, del relativismo sempre vi sarà, nel senso che ognuno si ritiene depositario di una propria verità, di un proprio senso della giustizia e di una particolare forma di onestà intellettuale. È una delle parti poco simpatiche del diritto d’espressione del proprio pensiero con cui ci troviamo a convivere. Ratzinger si scagliava contro la così detta dittatura del relativismo, e aveva ragione. Ma lui era lui, un fine intellettuale e filosofo che in quel periodo ricopriva il delicato ruolo di Vescovo di Roma. Il legislatore italiano, al contrario, mai potrebbe intervenire nell’ordinamento inserendo una qualsivoglia forma di limitazione della libertà d’espressione a causa dell’esistenza di una presunta verità assoluta, dunque non relativizzabile. E noi tutti dovremmo avere il buon senso di non imboccare questa pericolosa strada che tende a limitare sempre più il diritto alla parola del dissidente, poiché una volta che è stata aperta la breccia, si sa dove si inizia ma non dove si finisce. Beh, le opinioni non sono reati, a meno che non inducano a commetterne uno. Esempio banale: essere fascisti non è reato. Lavorare alla riesumazione del partito fascista invece lo è, poiché quest’ultima attività comporta una seria di rischi per il così detto assetto democratico del paese. I pensatori impegnati, però, questo non riescono a capirlo, e annichiliscono l’avversario ideologico affibbiandogli etichette che non rispondono né alla realtà, né al significato che la Treccani gli dà.
Chi si è sintonizzato su Radio24 ha potuto assistitere alla solita bagarre allucinante durante la trasmissione radiofonica La Zanzara, durante la quale David Parenzo accusava Paolo Bargiggia di essersi macchiato di razzismo per aver scritto su Twitter, all’indomani della vittoria della Francia sulla Croazia: “Una nazionale completamente autoctona, un popolo di 4 milioni di abitanti, identitario, fiero e sovranità: la Croazia, contro un melting pot di razze e religioni, dove il concetto di nazione e Patria è piuttosto relativo: la Francia. Io sto con la Croazia”. Il caro Bargiggia, come è facilmente intuibile dalla lettura del suo tweet, si è limitato ad apprezzare e a tifare una squadra per certe caratteristiche che esulano dall’assetto calcistico. A lui piace una nazionale che, coi suoi giocatori, ricalca fedelmente l’assetto culturale del paese facendo scendere in campo tutti giocatori originari di quella terra. Preferisce queste caratteristiche rispetto ad altre derivanti, come nel caso della Francia, dall’incontro di persone provenienti da luoghi diversi e, di conseguenza, portatrici di culture altrettanto diverse. Una squadra così composta rappresenta un paese composto a sua volta nel medesimo modo e fondato sul famigerato multiculturalismo. Multiculturalismo che, a differenza della multiculturalità, consiste nella forzata convivenza di più culture in uno stesso spazio. Proprio come accade ad esempio a Chapelle-Pajol, quartiere parigino nel quale probabilmente Parenzo non metterà mai piede ma dove una giornalista de Le Parisien, Cécile Beaulieu, ha condotto un servizio: “Centinaia di metri quadrati di asfalto abbandonati a soli uomini, dove le donne non sono più accettate”, racconta. “Gli è proibito entrare nei caffè, nei bar e nei ristoranti e non possono stare sui marciapiedi vicino alla fermata della metro e nelle piazze”. E, per rimanere nella zona di Parigi, non ci troviamo distanti dalla banlieu di Saint-Denis ove a marzo un centinaio di immigrati clandestini di cui molti islamici hanno fatto irruzione nella basilica di Saint-Denis interrompendo la messa per protestare contro la legge sull’immigrazione. Ecco, a Bargiggia una squadra di calcio che rappresenta questo genere di civiltà (se così può esser definita) fa cagare e preferisce una squadra rappresentante un paese che tenta strenuamente ancora di difendere una propria identità, una propria cultura, tradizioni e memorie che così non andranno disperse dal sorriso ebete che l’intellettualume politically correct mostra ogni qualvolta vengano avanzate le proposte suicide travestite da buoni sentimenti.
È lecito pensarla così? Bargiggia, come chiunque di noi, può esprimere su di un social network tale opinione oppure gli deve essere vietato poiché eretico? Non affrettatevi a dare risposta positiva. E David Parenzo, con la sua perenne faziosità, incarna questa illiberalità. Prendete il caso di Forza Nuova: si tratta di un partito che è legittimato ad esistere e a partecipare alle elezioni politiche e amministrative, ma nonostante questo il signor Parenzo esprime continuamente il desiderio di vederlo sciolto. La magistratura è presente e, ove necessario, interviene. È puro buon senso, è solo logica. Ma a lui non basta, poiché nel suo mondo ideale non esiste una vera e compiuta libertà d’espressione: lui formula accuse ed emette sentenze. Al nostro Bargiggia ha detto che le sue parole sono frutto di razzismo. Ed è così che inizia il processo al massacro dell’opinione dissidente. La si prende, la si estrapola da un discorso ben più ampio e ben più complesso e la si inserisce arbitrariamente nel perimetro della irricevibilità. Alternativamente, si può utilizzare la categoria del razzismo o del fascismo o della misoginia o di altre menate simili.
Consultassimo la Treccani, apprenderemmo che tali termini hanno un significato che niente ha a che vedere coi comportamenti condannati dal signor Parenzo. Una mela non è una pera. Essere contrari al concetto di multiculturalismo non significa nutrire sentimenti razzisti. E questo stupro continuo della lingua italiana fa ancora più impressione se a perpetrarlo sono personcine come l’amico David che si riempiono costantemente la bocca di cultura, di sapere, di conoscenza, tacciando mezzo mondo di ignoranza e ostilità al progresso. Non si stancano mai di sguazzare nel consueto, di pascolare nei prati del conformismo iper-corretto. Sorge il dubbio che non siano in grado di elevarsi al di sopra di queste abitudini melense e pallose.
Siccome ci credono davvero, ritengono d’essere dei giganti del pensiero sobbarcati dal peso del destino di questo mondo. E allora, ogni tre per due, querelano. Parenzo, a sentir lui, querela per qualsiasi cosa. Talvolta afferma di doverci riflettere su o altre volte ancora chiama in diretta il suo avvocato e, in vivavoce, terrorizza il suo interlocutore. Tanto, dice lui, la sua famiglia è composta da avvocati e quindi non dovrà pagare alcuna parcella. Ogni tanto querela perché si sente diffamato: è un suo diritto, nessuno glielo nega. Altre volte querela perché ritiene che qualcuno abbia commesso un reato, e il caso che gli fa maggiormente gola è la querela minacciata per istigazione all’odio razziale. Sai che figata assicurare alla legge un razzista. Batman che interviene in quel merdaio di Gotham, al confronto, è un dilettante. “Ex legge Mancino”, come piace dire a lui, con quel ”ex” che fa tanto professore universitario di giurisprudenza, profondo conoscitore dei principi che muovono questa repubblica, sapiente intellettuale delle questioni di mondo, latinista in via d’estinzione. Ma figuratevi se la matrice di tutta questa caciara è la ricerca della giustizia che trionfa. Il motivo è banale e grottesco: intimidire il dirimpettaio, annichilire la coscienza altrui, impaurire un poveraccio che all’idea di sorbirsi un processo preferisce ritirare le proprie opinioni. La divulgazione massiccia di questo barbaro modo di intendere il confronto con gli altri e l’espressione del proprio pensiero ha condotto le coscienze all’ammasso: Bargiggia è tra i pochi che ha promesso querela a chi lo ha tacciato di razzismo, poiché si tratta di un’accusa infamante oltreché infondata.
Ma la stragrande maggioranza di coloro cui viene appeso quel cartello al collo tace e china il capo: il mainstream fa talmente tanto casino ed esprime talmente tanta arroganza che viene solo voglia di chiudersi in casa e far finta di niente. Siatene certi: per il contenuto di questo articolo ci meriteremo le solite ridondanti accuse fatteci pervenire dagli intelligentoni nostrani. Ben vengano, le accettiamo sorridendo. Il loro razzismo, per noi, è una medaglia al valore da appendere al petto. Altezza cuore.
Lorenzo Zuppini
Il Primato Nazionale - 23 luglio 2018